venerdì 15 ottobre 2010

Rassegna Libri - Parte 3

E' giunto il momento di recensire altri due libri dedicati all'Antico Egitto. La mia biblioteca personale si sta arricchendo, il che mi rende molto felice, anche se fra poco lo scaffale sarà pieno e dovrò trovare un'altra mensola su cui sistemare i miei libri! :D


Oggi comincerei da Ramses II, il grande faraone di T.G.H. James (vol 13 della mia biblioteca personale).
Qualcuno spieghi a Mr. James che l'istituzione faraonica non era una gara a chi faceva monumenti più grandi.
Dopo aver letto questo libro, davvero notevole in quanto ad impostazione grafica, qualità della carta e delle immagini, è questo ciò che ho pensato.
Il volume è strutturato in modo classico, così da ripercorrere l'excursus storico da Amarna alla dinastia ramesside, con un lungo capitolo dedicato alla battaglia di Qadesh, e infine un'appendice limitata alla sola area tebana per quanto riguarda i monumenti lasciati da Ramses II.
Ma partiamo dall'inizio. L'autore spende molto tempo nel ribadire fermamente che non ci si può lasciar andare a giudizi personali dei fatti storici senza aver valutato possibilmente più di una fonte, ma poi, nel corso del testo, si lancia a sua volta in affermazioni che spesso non sono sostenute da nessuna fonte, anzi, vanno addirittura contro ciò che affermano le stesse fonti egizie. Il fatto che queste ultime fossero colorite, non significa a mio avviso che la realtà fosse completamente contraria. Se la fonte egizia dice che il gatto era nero, per fare un esempio stupido, che diritto ho io di dire che era assolutamente bianco, piuttosto che supporre che magari fosse grigio scuro o solamente grigio?
Un'altra pecca è quella che purtroppo la lettura è inutile a chi ha già delle conoscenze egittologiche di base, perchè non dà particolari nè notizie nuove, ma si limita a ricapitolare i fatti già noti, e senza nemmeno un minimo di brio, anzi in modo anche piuttosto noioso e scolastico. Completamente privo di passione.
Testi e didascalie presentano vari errori; pagina 78 afferma che Uri-Teshup salì al trono col nome di Mursili II, mentre fu il III imperatore ittita con questo nome, e tutto ciò genera incomprensione durante la lettura del paragrafo. In alcune didascalie, inoltre, il disco solare che incorona Iside viene scambiato con un fantomatico "disco lunare"...
Ho notato un atteggiamento di supponenza molto forte da parte dell'autore, che quasi pretende di conoscere meglio degli stessi egizi e ittiti le ragioni della crisi economica ittita del 1240 a.C, andando di nuovo contro le fonti sia dell'uno che dell'altro popolo! Oltre questo, in generale il testo è zeppo di affermazioni arbitrarie, dettate dal pensiero e dal giudizio personale dell'autore e spacciare per veritiere, senza cioè citare il fatto che si tratta di un'idea personale e non comune. Tutto questo è contraddittorio con quanto afferma lo stesso James nella sua introduzione sopra citata.
Altri lati negativi, le descrizioni dei templi forniscono particolari scarsi o nulli, con la particolare tendenza iniziale a denigrare velatamente tutto ciò che fu costruito dagli artisti di Ramses attraverso l'esaltazione della bellezza dei monumenti di Sethi I, per esempio, (espediente che attuano le teen-ager per denigrare il rivale del loro idolo preferito). Fortunatamente l'autore si riprende dalla defaiance nella parte finale, in cui dà credito all'abilità degli scultori nel riprodurre il volto del faraone, un particolare che appare innegabile anche all'occhio di un profano che si sia mai trovato davanti al colosso di Mit-Rahine, per fare un esempio, o a quello assiso del tempio di Luxor.
C'è infine un eccessivo criticismo verso la pratica della sovrascrizione dei cartigli sulle statue di altri faraoni, proprio come se questi fossero in gara e non fosse concessa una tale nefandezza... È ridicolo applicare tali criteri di giudizio che appartengono alla nostra mentalità moderna alla civiltà e alla filosofia egizia, la quale vuole che il faraone sia uno e perpetuo, incarnato da molti uomini, ma pur sempre Faraone. I re egizi apponevano i loro nomi sulle statue e sui monumenti di altri per perpetuare e attualizzare anno dopo anno, regno dopo regno, la continuità dell'istituzione che incarnavano, e non per fare un bel dispetto all'antenato!
Un'altra cosa che, non nascondo, mi ha dato fastidio, è l'uso della parola "manomettere" anzichè "restaurare" quando si parla di Khaemwaset e della sua opera di salvaguardia dei monumenti dell'Antico Regno che stavano cadendo in rovina, quasi che il principe, figlio di Ramses, se ne andasse allegramente in giro a "manomettere" le piramidi tanto per il gusto di farlo! Siamo seri... Inoltre, non credo proprio che a Ramses sia venuto in mente di costruire il Ramesseo tanto grande per superare in altezza i Colossi di Memnone! Affermazioni quali "è verosimile (!!! --- ???? Verosimile???!!) Che egli (Ramses) abbia progettato il proprio tempio per rivaleggiare, se non per surclassare, (O__O) la struttura più antica: in tal modo, Ramses avrebbe avuto almeno una grande statua che superasse in altezza i voluminosi colossi di quarzite che ancora aggi dominano la pianura alluvionale" sono, a mio avviso, assolutamente ridicole. Sul serio, non si può leggere una cosa tanto sciocca, quasi che il re fosse un bambino che voleva il giocattolo più grande e più bello dell'amichetto... Ma per favore!
Ramses II aveva a modello Amenofi IV, per questo progettava i suoi edifici in scala così grande, perchè questo era un elemento che poteva accomunarlo al suo predecessore, e non metterlo in gara con esso. Ci sono numerosissimi elementi architettonici e particolari che accomunano i due sovrani, con una chiara ispirazione del più giovane verso il più antico, senza rivalità.
Detto questo, le immagini del libro sono comunque belle e molto grandi, ma non valgono la sufficienza all'insieme, noioso e pesante nonostante l'argomento fosse di gran lunga ciò che preferisco leggere.

(Voto 5.5)


A cura di Christian Jacq - I SEGRETI DELL'ANTICO EGITTO interpretati da Jean-Françoise Champollion (volume 5), è un libro che acquistai negli anni Novanta e che ho letto solo qualche mese fa. La sua struttura è molto interessante. Vengono infatti analizzati gli scritti originali di Champollion, tratti dalle diverse opere che il padre dell'egittologia scrisse e dalle lettere che inviò al fratello mentre era in viaggio in Egitto con la spedizione franco-toscana. Ogni testo tratta un argomento specifico della civiltà faraonica, evidenziando aspetti simbolici che Champollion aveva colto con genialità accedendo per primo ai geroglifici che era riuscito a decifrare. Ogni testo è scelto e commentato da Christian Jacq, il quale offre, quando necessario, una chiara delucidazione, rendendo gli argomenti trattati veramente accessibili a chiunque, sia a chi è desideroso di approfondire le proprie conoscenze egittologiche, sia a chi si avvicina per la prima volta a questo universo. Il libro inoltre può essere "messo in standby" e poi ripreso senza perdere mai il filo del discorso proprio grazie alla sua struttura. Consigliatissimo.

(Voto 7.5)

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