LA CAVA DI GRANITO DI ASSUAN
All'entrata della cava, sono già emozionata; la montagna è alta e imponente, tutta rosata sotto i colori dorati e pallidi del sole acerbo, come al solito non so se scattare delle foto o godermi il momento e basta. Sul percorso per arrivare fino in cima e poi ridiscendere è stata creata una passerella di legno e a volte dei gradini ricavati dallo stesso granito per rendere la visita più agevole ai turisti, eppure c'è chi si lamenta del luogo troppo ripido, e di come sia pericoloso salire così in alto senza nessun parapetto. A me non importa. Sono fortunatamente sempre stata molto agile e in alcuni punti salgo anche senza seguire il percorso troppo affollato, di poco al lato, sulla roccia stessa. D'altra parte, gli antichi non avevano le rampe, e salivano così, senza i nostri scarponcini antiscivolo! Se riuscivano loro, perchè non dovrei riuscirci io?
Yasser ci ferma grossomodo a metà del tragitto per spiegarci come venivano estratti gli obelischi e per mostrarci quello incompiuto di Hatshepsut, ancora in loco, abbandonato a causa di una crepa che lo ha quasi spezzato in due durante la fase di estrazione. È davvero affascinante vedere come gli antichi riuscivano a levigare questa pietra durissima, a renderla assolutamente piana e liscia. Continuando la scalata e poi la discesa dal lato opposto, riesco a vedere anche i segni di altre estrazioni, i piccoli solchi paralleli che lascia lo scalpello quando un pezzo di granito viene completamente staccato lasciando un vuoto nella montanga. Mi fermo a fotografare da vicino la bellezza del granito locale, è davvero splendido, e come luccica, con tutti i suoi spruzzi neri su sfondo rosa! Questo luogo è magico, dà una netta sensazione di possanza e di eterno. Incommensurabile!
A malincuore, dopo aver posato i nostri piedi (o quasi) sul cammino degli antichi scalpellini reali, torniamo ai pulman, e qui rischiamo di perderci di nuovo se non fosse stato per uno dei nostri che ci viene a recuparare. Nel parcheggio, infatti, ci sono decine e decine di bus tutti simili, e il nostro, che era il più vicino all'uscita, ci è proprio sfuggito!
LA DIGA DI ASSUAN
Non mi intendo di ingenieria, quindi non starò a spiegare come funziona la diga nei dettagli, ma alcuni particolari mi hanno colpita, come ad esempio il fatto che per costruirla siano state impiegate grossomodo le stesse quantità di materiale che sono servite anticamente per erigere le piramidi di Giza, e che, come ci ha spiegato Yasser, se la diga dovesse mai cedere, tanta è l'acqua imprigionata, si creerebbe una inondazione tale da innalzare il livello del Mediterraneo con la conseguente scomparsa dell'Egitto da Assuan a nord e di parte della Grecia!
Facciamo qualche foto dal parapetto. Questa zona del Nilo è famosa per ospitare esemplari di coccodrillo che raramente si possono più scorgere nelle altre zone dell'Egitto. Alle nostre spalle, su un'isoletta, si intravede un piccolo tempio, a occhio e croce di età tolemaica (a giudicare dall'ottima conservazione del pilone). Purtroppo non ho chiesto di che tempio di tratti, ma potrebbe anche essere una costruzione faraonica ricostruita dal suddetto salvataggio.
Dopo la piacevole passeggiata, rimontiamo quindi in bus; direzione il tempio di Philae...
IL TEMPIO DI PHILAE
In antichità, questo tempio sorgeva su un'isola (quella di Philae, appunto), ma a causa della costruzione della diga, fu smontato e rimontato completamente su un'altra isola poco distante e più in alto, quella di Agilkia, mentre Philae veniva sommersa dal Lago.
Il paesaggio è incantevole. Yasser ci fa notare il tipo di roccia che sorge dalle acque del Lago, assimilabile in tutto e per tutto alle rocce della Sardegna, ed effettivamente ha ragione. Tra l'altro, la superficie dell'acqua è blu e luccicante, sembra proprio il mare! Ma ecco che ci appropinquiamo al tempio, siamo sotto i suoi piloni. Sono ansiosa di visitare questo tempio, ma anche un poco malinconica. Ho letto un romanzo a riguardo, Pour Amour de Philae, davvero straziante, che rievoca l'ultimo respiro della civiltà egizia. Dedicato alla dea Iside, questo è infatti l'ultimo santuario egizio pagano ad essere rimasto in attività fino alla sua tragica chiusura, per fare spazio al culto cristiano-copto.
Fu costruito in epoca tolemaica, e lo stato di conservazione, nonostante lo spostamento, è notevolissimo. Veniamo accolti in una lunga corte, colonnata sui due lati, fino ad una rampa di gradini che passa fra due statue di leoni accucciati sui quarti posteriori a guardia dell'ingresso, e poi dritti fino al cuore del santuario, illuminato dai neon. Il tempio infatti conserva bene tutti i soffitti, e si riesce a cogliere bene la sensazione di essere dentro un luogo di culto, in penombra, totalmente decorato di rilievi e geroglifici, anche se le tracce di colore sono purtroppo scomparse completamente a causa soprattutto delle inondazioni alle quali era soggetto il sito quando si trovava ancora a Philae e venne eretta la prima Diga di Assuan, che precedette quella moderna attuale.
Ci fermiamo come al solito a scattare alcune foto, soprattutto al Chiosco di Traiano, splendida opera architettonica, e poi torniamo alla barca, che ci riporta al bus e quindi alla Queen Isis. Questa è l'ultima sera della nostra crociera, il giorno successivo dormiremo al Cairo.
IL GIARDINO BOTANICO DI ASSUAN
Noi e pochi altri non facciamo la visita al villaggio nubiano, così Yasser ci scorta fino alla nostra feluca, la quale ci conduce placidamente di nuovo alla Queen Isis. Siamo in sei o sette sulla barca, sono circa le sei del pomeriggio, forse poco più tardi, e stiamo tutti in silenzio, a goderci il panorama. Per la prima volta c'è il rilassamento, la mente si svuota dal pensiero degli impegni, degli orari da rispettare, della preoccupazione di trovare e seguire il tuo gruppo per non perderci, ed è così che dai miei occhi sgorgano alcune lacrimucce di commozione. È la prima volta che ho veramente il tempo di isolarmi e di stare a pensare a dove mi trovo, che posso ammirare il paesaggio cullata dalle acque del Nilo e ripetermi "mio Dio, è bellissimo" nel contemplare il riverbero del sole d'oro sull'acqua, la montagna color ocra punteggiata dalle tombe dei governatori di Elefantina, il cielo turchese che sembra non aver mai conosciuto una nuvola. Su quella barca a vela ho sperimentato qualcosa che molti viaggiatori hanno raccontato dopo essere stati in questo Paese; dicevano che "l'Egitto ti entra sotto la pelle". Io lo avevo da tempo sotto la mia pelle, ma una volta essere stata là, ha raggiunto completamente il mio cuore.
CIAO CIAO QUEEN ISIS
Dedico un piccolo trafiletto alle nostre peripezzie sulla nave, perchè questa ultimissima parte della crociera è stata estenuante, ma anche immensamente divertente.
Non nascondo a chi legge che già dalla sera del giovedì ho tormentato i miei compagni di viaggio con la mia euforia al pensiero che poche ore dopo saremmo finalmente giunti ad una delle due mete che più desideravo raggiungere all'interno del nostro itinerario nel paese dei faraoni, ossia Abu Simbel. Non sto a raccontare quanto sono stata pedante, ripetendolo ogni cinque minuti, vi lascio immaginare. Non stavo nella pelle. Ad ogni modo, il pomeriggio, al ritorno dal Giardino Botanico, siamo stati in piscina sulla nave, finalmente, dopo tanti giorni, non eravamo ancora riusciti a fare un bagnetto. Nonostante faccesse caldo, non ho idea di quanti gradi ci fossero, sicuramente più di 35 intorno alle sette di sera, all'ombra abbamo avuto un po' di freschino, ma è stato impagabile vedere il tramonto dal ponte sole della Queen Isis, ormeggiata assieme ad altre centinaia di motonavi. Il tramonto egiziano non somiglia per nulla al nostro, in cui puoi stare là a guardarlo per molti minuti. No, il sole e l'orizzonte rimangono d'oro, il cielo si tinge di colori madreperlacei, e all'improvviso è il crepuscolo. È un momento raro e fugace, romantico e malinconico.
Quando il frescolino accentuato dal nostro costume umido ci aggredisce la pelle, torniamo in cabina. Ci sono da fare le valigie, si lascia la nave fra poche ore, e noi dovremmo alzarci intorno all'una di notte per riuscire a vestirci ed essere pronti in tempo.
Spendo alcune parole per il personale di bordo. È davvero bello arrivare in un Paese straniero ed essere accolti così bene. Non mi riferisco solo al fatto che sono gentili perchè è il loro lavoro, perchè noi paghiamo e devono esserlo. Loro lo sono. Basta guardare il loro sorriso, come scherzano con te o giocano, la loro simpatia. Questo non l'abbiamo notato solo sulla nave, ma anche nel personale dell'aeroporto di Luxor, in quello dell'Air Cairo, e in generale un po' dovunque per la strada.
Abbiamo mangiato benissimo. Ok, la pasta spesso era scotta o insipida, ma personalmente ne ho fatto ben volentieri a meno per quei cinque giorni, e mi sono data al riso che, in tutte le sue varianti, era delizioso, così come il pesce, i fritti misti e le verdure cotte. I dolci erano da diabete puro, infatti ne davamo solo un assaggino. Ho anche gustato una sorta di spezzatino di carne molto sottile, piccante e speziato, condito con una salsa e cipolle, non ho idea di come si chiami, ma era la fine del mondo!
La sera abbiamo resistito al sonno fino circa alle undici, e poi ci siamo concessi un po' di riposo in cabina. Le nostre valigie erano pronte, ormai mancavano solo gli ultimi oggetti da riporre. Nonostante l'eccitazione, devo dire, sono riuscita a dormire molto bene.
Ma ecco che la nostra sveglia ci avverte che è ora di saltare giù dal letto...
TO BE CONTINUED...
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